Gentilissimo Dott.Foti,
approfitto del vostro forum per sottoporle alcune domande e riflessioni, sulla bambina che sono stata e sulla donna che sono, ma anche sulla bambina che è mia figlia di 10 anni.
Non è facile condensare emozioni e sentimenti di una vita, sintetizzare al massimo pur dando elementi utili per entrare nel cuore dei problemi.
Ci proverò, ma se non mi riuscisse, mi scusi, capisco non sia facile ascoltare storie a metà, senza aver modo di intervenire per chiedere spiegazioni.
Sono cresciuta in una famiglia “normale”, cioè regolare all’apparenza.
Due genitori che non mi hanno fatto mancare nulla, che non mi hanno mai picchiato, ma assolutamente anaffettivi, sia con noi figlie (siamo in due) sia e soprattutto tra di loro.
Io ho vissuto la loro unione come qualcosa di obbligato, imposto dalle regole di consuetudine, con molta rabbia da parte di mio padre ( che crescendo vivevo come frustrato,obbligato a sacrifici…) e continue crisi depressive di mia madre…
Oggi loro dicono che il loro è stato un matrimonio riuscito, che si volevano bene e che soprattutto hanno mantenuto salda l’unione familiare.
Mio padre continua a fare innegabilmente un sacco di cose per la nostra famiglia, ma continua anche a lasciar trasparire il peso di tutto questo, spesso verbalizzandolo, altre volte vomitando la sua rabbia su mia madre e anche su di me, figlia sicuramente amata ma imperfetta.
Figlia così imperfetta che ha al suo attivo, a 36 anni, due professionalità, che tutti apprezzano, e due figli e un marito, perché anche la mia famiglia è regolare…
E qui il cerchio sta per chiudersi, sulla rabbia ovviamente…
Figlia imperfetta che sente dentro una rabbia esplosiva, e che ovviamente ha una figlia di 10 anni, sensibile, forse troppo, che a sua volta, nonostante sia gioiosa solare e socievole, spesso ha dentro tanta rabbia. Rabbia che si traduce a volte in paura, in angoscia naturalmente anche per cose irrazionali e apparentemente senza senso. Io non sempre riesco ad ascoltarla e …mi arrabbio, perché temo d’esser io la fonte di questo disagio, con la mia rabbia.
Mi chiedo se affrontando la mia rabbia potrei interrompere questa catena.
Ma per farlo credo dovrei destabilizzare la regolarità del mio nucleo famigliare, e allora mi chiedo se per Gaia sarebbe meglio continuare così, cercando di contenere il tutto, o se sarebbe meglio che io affrontassi le mie frustrazioni e le mie rabbie, rischiando la destabilizzazione.
Forse mi faccio troppi problemi, forse sono questioni legate ad un momento della nostra vita, ma non riesco a far a meno di riflettere su queste cose.
Grazie dell’attenzione,e se vorrà rispondermi le sarò grata, buon lavoro!
Cordialmente
Letizia
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Rompere la catena della trasmissione intergenerazionale di sentimenti negativi
Claudio Foti
Cara Letizia,
nella sua storia familiare e mentale rabbia e anaffettività sembrano aver un ruolo speciale e tra loro un rapporto interattivo. Rabbia e anaffettività, in effetti, sono elementi dello stesso circolo vizioso. Tendono ad alimentarsi reciprocamente. A ben vedere la rabbia ci impedisce di accettare la realtà in tutte le sue dimensioni inevitabilmente difficili e problematiche, ci costringe ad aggiungere alla sofferenza necessaria e costitutiva dell’esistenza una sofferenza addizionale che sabota il gusto del presente. La rabbia non ci consente di dialogare con i sentimenti e di apprezzare le potenzialità emotive ed affettive che esistono negli altri e soprattutto in noi stessi. La rabbia soffoca la calma, la lucidità con cui possiamo guardare la realtà, la benevolenza. D’altra parte l’anaffettività ci porta a trascurare gli investimenti relazionali ed emotivi e ci sollecita ad altre priorità: per esempio alla rincorsa di una “regolarità” perfezionista destinata ad “obbligare al sacrificio” a e generare all’infinito insoddisfazione, frustrazione e quindi ancora rabbia. L’anaffettività ci spinge a moltiplicare l’investimento sul lavoro, magari a raddoppiare le professionalità, ad attribuire nei fatti una particolare importanza agli aspetti materiali e narcisistici dell’esistenza, a puntare su una “regolarità” che “tutti apprezzano”, che sembra in altri termini promettere un piacere per le “cose” e per l’“immagine”: un piacere illusorio che a ben vedere – conti emotivi alla mano – non sempre aumenta, anzi talvolta può ridurre, la capacità di godere del Sé, delle relazioni e della vita e la capacità di sviluppare sentimenti veramente salutari ed appaganti.
Rabbia e affettività sembrano essere contenuti emotivi, oggetto di una trasmissione intergenerazionale che giustamente lei vorrebbe spezzare. Così come è stato teorizzato un ciclo di trasmissione dell’abuso sui minori, si potrebbe, mutatis mutandis, parlare di un ciclo di trasmissione intergenerazionale dell’anaffettività e dell’insensibilità (sul pericoloso dilagare dell’anaffettività nella società attuale dice cose interessanti lo psicoanalista Morris Eagle al termine della sua analisi dedicata alla “Psicoanalisi contemporanea”, pubblicata da Laterza)
E parallelamente si potrebbe parlare di un ciclo di trasmissione intergenerazionale della rabbia (rabbia, ovviamente, che non va intesa come la risposta sana, adattativa e destinata a fluire nel tempo nei confronti di una aggressione subita che rende necessaria quella risposta, bensì come “veleno della mente” che ristagna e che logora innanzitutto il soggetto che la vive piuttosto che il soggetto che di tale rabbia diventa bersaglio (Dalai Lama, Goleman D., Le emozioni distruttive, Mondadori, 2003)
Mi sono occupato e mi occupo volentieri della rabbia, innanzitutto per contrastare la mia personale tendenza a farmene trasportare. In uno scritto che è stato importante per la mia crescita emotiva più ancora che culturale (“Quando la collera esplode in famiglia…” pubblicato nella dispensa “Famiglia e figli: quanto amore e quanto stress!”, uscito dalla nostra casa editrice, S.I.E.) ho cercato di approfondire quattro qualificazioni della collera (un discorso analogo si può fare per la rabbia): la collera è nociva, confusiva, tendente all’autoconferma, seduttiva. In effetti la sua lettera mi fa pensare che la collera abbia una quinta caratteristica: la collera è informativa, ovvero può contenere informazioni preziose, se abbiamo la capacità di ascoltarla, di farla oggetto di un dialogo interiore. Non dobbiamo (né possiamo) sopprimere la rabbia e la collera, facendo magari finta che non alberghino nella nostra mente. Tuttavia non dobbiamo farcene trasportare. Non dobbiamo far diventare la collera e la rabbia un’abitudine.
Molte persone, come lei, raggiungono spesso la capacità di individuare le soluzioni ai problemi, anche se, magari, fanno poi fatica a perseguire concretamente quelle soluzioni. Letizia, lei intuisce il giusto. Certamente, se lei riuscisse ad ascoltare, affrontare, elaborare la propria rabbia, potrebbe rompere la catena della trasmissione intergenerazionale di sentimenti negativi, la catena che la vincola ad una dinamo che genera elementi di insoddisfazione.
Non abbia paura, mi viene da dire, di destabilizzare la regolarità della sua vita e della sua famiglia, purché il percorso e la guida che lei sceglierà puntino allo sviluppo della consapevolezza e della verità: la verità della propria storia e la verità della propria vita emotiva. Della verità non dobbiamo avere paura. La verità rende liberi. Rischiare la destabilizzazione è un passaggio che va affrontato. Con la necessaria cautela, ma anche con la convinzione che la nuova stabilizzazione a cui potrà derivare potrà essere per lei e per sua figlia libera da una rabbia frustrante e forse più ricca di affettività e sensibilità emotiva.
Pian piano, così come si srotola un gomitolo…
Gentilissimo Dott.Foti,
nel ringraziarla per la sua risposta, le confermo che leggendola alcune sue affermazioni sono estremamente calzanti per quello che è il mio vissuto, quali ad esempio il non esser in grado di gustarsi il presente, le emozioni e le occasioni positive della vita…Tutto è vissuto come qualcosa di insoddisfacente, come se la realtà fosse sempre monca, deficitaria.
Ma come si può effettivamente godere del presente se ogni cellula del corpo che muovi la muovi, come giustamente dice lei, per sacrificio?
Tutto ciò che fai e che fai anche volentieri non è mai un piacere, neanche le cose piacevoli sono piacevoli e basta, e comunque che le cose piacciano o no non ha importanza, l’importante è farle….o meglio sapere che SI DEVONO FARE…ci si obbliga al sacrificio per poi poter dire che ci si è sacrificati.
Quante volte me lo sono sentito dire, quanti sacrifici, quante cose fatte solo per voi…e sottointeso forse c’era “ne avrei fatto volentieri a meno, ma mi sono sacrificato per te”…e allora il circolo si chiude, perché tu ti senti così in colpa che sai di dover rispondere ( per non deludere e non far arrabbiare) nello stesso modo.
E pensare che nella mia fantasia i genitori fanno delle cose per i figli perché li amano…
Quanta insoddisfazione e quanta rabbia, quanta energia sprecata, si ….perché la rabbia quando arriva ti travolge come una valanga, e ti tira giù a valle.
Il fatto è che personalmente per tanti anni questa rabbia l’ho subita senza grosse difficoltà, poi ho iniziato a vederla bene da vicino, ho cercato di giustificarla, poi ho iniziato a sentirmela addosso e a cercare di cacciarla via, soprattutto quando ho iniziato a vedere il possibile effetto della “trasmissione intergenerazionale”.
Probabilmente mi sono sempre ribellata, ho scelto lavori in cui esistono relazioni d’aiuto, odio l’apparenza, amo i sentimenti, la mia casa è sempre piena di amici, di confidenti,ho la fortuna d’aver instaurato con alcune persone rapporti d’amicizia autentici che mi hanno aiutato nelle vicissitudini della vita…ma c’è sempre questa insoddisfazione, che a me sembra derivare da tutta quell’eccessiva costrizione e rigidità….è come se ora volessi riappropriarmi delle cose effimere e belle della vita, alle quali non mi son mai potuta avvicinare quando ero adolescente; ma avvicinarmi ora è un po’ come regredire, deresponsabilizzarmi e quindi destabilizzare.
“Della verità non dobbiamo aver paura” dice giustamente lei…ma per tirar fuori la verità che ho dentro devo esserne ben consapevole e convinta, per non far solo danni.
In questi anni in cui sto ricercando delle risposte, ci sono stati momenti in cui sentivo l’urgenza di trovarle.
Ora credo che pian piano le risposte arrivino, cosi come si srotola un gomitolo..pian piano non per rassegnazione ma con calma…spero sarà cosi e magari deciderò anche di farmi aiutare, per cercare di non far danni nella destabilizzazione e di porre basi solide per la ri-stabilizzazione.
La ringrazio ancora per l’attenzione, la disponibilità e anche per le indicazioni bibliografiche, ho già letto “Le emozioni distruttive”, avrò cura di leggere anche le dispense.
Cordialmente